martedì 9 maggio 2017

PRESENTAZIONE E SALUTI



Ricordo del prof. Carlo Conti
di Bruno Del Zanna

   Con la scomparsa del prof. Carlo Conti, avvenuta a Firenze il 2 aprile u.s., il C.I.S. perde un’altra grande colonna ed io un caro amico.
   Carlo era stato introdotto allo studio della sessualità umana dal suo maestro prof. Ugo Teodori (direttore della Clinica Medica dell’Università di Firenze) che aveva impostato una scuola di sessuologia in cui Carlo si era impegnato insieme al prof. Umberto Bigozzi.
   Teodori, inoltre, insieme al prof. Giacomo Santori di Roma e altri medici cattolici  fondò il C.I.S., Centro Italiano di Sessuologia, nel 1960. Il Cis da allora  ha sempre pubblicato in modo continuativo una rivista che è anche l’organo ufficiale dell’associazione. Nell’editoriale del primo numero il prof. Santori ne indicava i principi così riassunti: “.. a nostro modo di vedere, lo studio dei fenomeni della vita sessuale investe, possiamo ben dirlo, l’uomo nella sua totalità fisica e psichica e richiede pertanto una fattiva collaborazione da parte di studiosi appartenenti a discipline diverse”.
   Carlo s’impegnò molto nel CIS fin dall’inizio, collaborando all’attività organizzativa dell’associazione: prima come consigliere nazionale, poi tesoriere (1992) quindi vicepresidente (1995) e poi presidente dal 2000 al 2010, quando passò il testimone al prof. Giorgio Rifelli. Ben maggiori, però , ritengo i suoi contributi sul piano scientifico, perché a lui dobbiamo l’organizzazione di Congressi Nazionali, tenutisi a Firenze nel 1998, nel 2003 e infine  nel 2010.
   Fin dagli inizi, Carlo era convinto che il CIS dovesse esprimere un impegno interdisciplinare e in una lettera che mi scrisse molti anni fa, diceva: "….io lavoro per un CIS che non sia tutto chirurgico...” e a questo scopo vi è stato da parte sua un grande impegno nell’organizzare seminari formativi aperti agli psicologi ed anche agli operatori dei consultori familiari. Di essi ne ricordo in particolare, uno organizzato a Careggi sul tema dell’omosessualità, ancora non così frequentemente affrontato, anche in sede scientifica. Dopo le presentazioni di rito, Carlo dette la parola a due persone (una lesbica ed un gay) che ci narrarono la loro storia e le loro difficoltà. Carlo si sedette tra il pubblico ad ascoltare. Questo incontro ci permise un contatto diretto con il vissuto di persone che allora venivano ancora ritenute affette da una deviazione sessuale se non, addirittura, da una malattia psichica. Fu per noi tutti  un incontro utile e significativo per comprendere nel rispetto reciproco, persone di diverso orientamento sessuale.
   Da quando aveva lasciato l’università, accanto all’attività che svolgeva con il CIS, Carlo intensificò l’attività consultoriale, dedicando tempo ed energie al Consultorio del Campuccio, di cui divenne stabile animatore. Ha poi dato un prezioso contributo scientifico, per la realizzazione di seminari, fino all’esperienza di questi ultimi anni quando, essendosi formalizzata la Rete di 14 consultori toscani UCIPEM, della Federazione e del CIS, si è impegnato particolarmente con la Rete e con l’AICEF, per organizzare seminari semestrali.
   Non posso concludere, senza ricordare il suo impegno profuso nell’organizzare a Bologna il Congresso straordinario, che si rese necessario, in seguito alla prematura, improvvisa scomparsa del Presidente prof. Giorgio Rifelli. In esso Carlo, nonostante la salute malferma, si profuse con grande dispendio di energie e di volontà in un lavoro molto importante, per salvare i valori fondanti del CIS che rischiavano di andare perduti.
   Il malore che lo ha portato alla morte, lo ha colto, proprio mentre era in consultorio al Campuccio, impegnato nell’organizzazione proprio questo  seminario sulle “dipendenze” in programma oggi. Perciò è con grande commozione che gli rivolgo un affettuoso ringraziamento, da parte di tutti noi.
   Grazie Carlo, per quello che hai dato a tutti noi, delle competenze che ci hai aiutato a raggiungere e soprattutto, dell’esempio di un servizio umile e gratuito che hai saputo offrire.
      Firenze, 6 Maggio 2017                                                                      
                                                                                                 Bruno Del Zanna


INTRODUZIONE DI ROSANNA INTINI

Rosanna Intini, medico, psicoterapeuta, specialista in psicologia clinica e Vice Presidente del C.I.S.
Le dipendenze esogene e endogene.
  
Parlare di dipendenze riporta alla mente della maggior parte di noi all’uso di  sostanze chimiche, laddove oggi è ben più ampia l’area cui rivolgere attenzione e riflessione.
Una prima distinzione è quella fra esogeno ed endogeno, che nell’ambito medico e biologico indicano rispettivamente qualsiasi fattore esterno all’organismo o da questo invece prodotto.  In tal senso quindi possiamo riconoscere come esogene sostanze chimiche quali droghe, stupefacenti, farmaci o alcol e come endogene ormoni o neuro-mediatori.
Nell’accezione che abbiamo attribuito al tema delle ‘dipendenze’ in questi seminari, i due aggettivi possono essere anche interpretati come esterno e oggettivato l’esogeno e interno e intersoggettivato l’endogeno. Ciò fermo restando ovviamente che anche nelle dipendenze qui definite endogene il fattore umano dell’Altro (vedi dipendenze affettiva e sessuale) viene oggettivato dalla persona affetta da dipendenza patologica.
Accanto alle precedenti, diverse forme di dipendenza si sono attualmente  aggiunte alle quelle note, definite da specifici comportamenti, quali gioco, internet, social, cellulare, sesso, ecc.
Tutti i comportamenti dipendenti, seppure inizialmente associati al desiderio di piacere e di gratificazione, riproducendosi progressivamente in una coazione a ripetere o compulsione finiscono col divenire un bisogno che, raramente o mai, trova appagamento o piacere. Ciò che diviene imperante, in una condizione di dis-regolazione emotiva, è il bisogno di attivazione e di riprodurre il comportamento.
Da questi pur brevi cenni è facilmente arguibile quanto i suddetti comportamenti ricadano sul contesto relazionale, dal più intimo al sociale allargato, della persona che ne è affetta.  Dalle ricadute più ‘materiali’ (vedi perdite economiche con il gioco d’azzardo o il sesso a pagamento) a quelle più ‘psicologiche’ in quanto le persone affettivamente più intime risultano solo come uno sfondo, la persona dipendente non è in grado di esserne autenticamente a contatto al pari di quanto non lo è con il proprio essere interiore.
E proprio dalle ricadute relazionali, familiari e contestuali, può pervenire ai consultori la richiesta d’aiuto. Sono infatti il più spesso coniugi, genitori, figli o amici coloro che, percependo l’aspetto patologico dei comportamenti e essendone più direttamente e in vario modo coinvolti, si rivolgono alle istituzioni, quali Sert o Consultori, per affrontare e dare una soluzione al problema.

RELAZIONE DELLA D.SSA PAOLA DEI

Il passaggio dalla dipendenza patologica all'indipendenza è un cammino tutt'altro che semplice che  implica la ridefinizione di schemi acquisiti in bilico fra illusioni e delusioni, non scevro da ricadute che si insinuano nel percorso proprio quando sembra di aver raggiunto la mèta.
Siano essi esogeni o endogeni i disturbi da dipendenza favoriscono l'instaurarsi di comportamenti maladattivi e un disagio esistenziale che compromette il normale scorrere della quotidianità e la realizzazione del propri sé.
Nell'esperienza del Progetto Orthos, programma residenziale breve realizzato in provincia di Siena, sotto la Direzione Scientifica del dottor R. Zerbetto, viene affrontato un tipo di disturbo da dipendenza; quello del gioco d'azzardo patologico o disturbo da addiction o ancora gambling disorder. Attraverso un percorso intensivo della durata di 21 giorni, che prevede lavori di gruppo,  psico-educazione, lavori esterni, bioenergetica, arte terapia, autonarrazione, viene offerta la possibilità di una ristrutturazione della personalità con psicologi e  psicoterapeuti esperti nel settore delle dipendenze patologiche e vengono affrontati quei nodi che esigono un trattamento professionale per coloro che decidono di voler essere liberi.
Il disturbo da addiction o gioco d'azzardo patologico è caratterizzato da discontrollo degli impulsi che induce a un comportamento di gioco persistente ricorrente e maladattivo tale da compromettere  le attività, familiari, relazionali, lavorative e personali.
Distinto in una categoria specifica nel vecchio manuale diagnostico (DSM IV), il gambling disorder, nel DSM V è stato fuso al disturbo correlato all'uso di sostanze, in quanto si sono evidenziate sintomatologie ascrivibili nella stessa categoria, in particolare quelle relative all'attivazione del  sistema di ricompensa del cervello con effetti simili a quelli delle droghe.
Alcune ricerche scientifiche collegano i disturbi da dipendenza a traumi precoci subiti in adolescenza ed è ormai dimostrato come l'esposizione ad eventi traumatici sia associata ad un incremento del rischio di sviluppare comportamenti compulsivi patologici che vanno dall'abuso di sostanze, (come riportano studi scientifici effettuati da Lisak nel 1994, da Witzer et al. Nel 1999, da Simpson & Miller nel 2002 da Kilpatrick & Acierno nel 2003, da Walsh, Fortier & Dilillo nel  2010, da Tonmyr et al., nel 2010,  da Rogosch et al. nel 2010 e da Banducci et al. nel 2014, fino ad  altre forme di dipendenza, come riferiscono studi di Dion et al. nel 2010, 2015; da Blaszczynski & Nower nel 2002, da Kuzma & Black nel 2008, da Black et al, nel 1997, da Kafka & Prentky nel 1992, da Turner nel 2008).
Accanto a queste classificazioni individuali e descrittive degli aspetti psicopatologici è importante conoscere anche il pensiero di Jackson Lears, studioso americano esperto di storia religiosa, letteratura e arti visive, folklore e credenze popolari che dopo una  analisi della società americana in Something for Nothing definisce l’azzardo come una «porta d’ingresso verso un territorio più vasto». Lears afferma che «il carattere nazionale si definisca da una tensione intensa tra la cultura della chance  dell'opportunità e la sua cultura del controllo». I giocatori frequentatori di slot machine hanno affermato però che nella loro esperienza non si tratta né di controllo né di opportunità, ma  semplicemente quello di continuare a stare nel flusso di gioco senza nessun obiettivo di vincita.
Non è trascurabile neppure sapere che è proprio nei momenti di maggior crisi economica che si assiste ad un incremento del gioco, con dati sconcertanti, basti pensare che nel 2016 gli italiani hanno speso diciotto miliardi e mezzo nei giochi pubblici  - secondo i dati Mag elaborati da Agipronews – a fronte di una raccolta complessiva dell'industria del gioco pari a 95 miliardi di euro. Nel 2015 la spesa netta dei giocatori italiani aveva raggiunto quota 17,1 miliardi di euro (la raccolta lorda era stata pari a 88 mld) e dunque l'incremento di spesa è stato dell'8,3%.
I dati forniti da IPSAD ci dicono che in Italia nel 2015, molti italiani fra i 15-64 anni (almeno 16 milioni, ndr) hanno giocato almeno una volta nell'ultimo anno; il  63% ha giocato almeno una volta al mese, il 21% almeno una volta la settimana, l’11% ha giocato 2-3 volte la settimana, il 5% ha giocato 4 o più volte la settimana. E il dato ha subito un incremento nel 2016.
Sempre nello stesso anno è stato rilevato che le slot machines presenti sul territorio italiano erano all'epoca  418 mila, 3 per ogni bar, 1 ogni 143 abitanti.
Più di ottantremila erano invece gli esercizi commerciali "generalisti" che hanno slot nei loro locali, dei quali oltre 13 mila in Lombardia, la regione con il numero decisamente più alto.
Al fine di controllare il fenomeno, la nuova Legge di stabilità ha previsto una sanatoria per le sale scommesse illegali italiane, cioè non autorizzate secondo la legge italiana, e non collegate ai Monopoli di Stato, ma in regola secondo le leggi di altri paesi dell’Unione europea, stabilendo il pagamento di un’imposta e la richiesta di un’autorizzazione entro il termine indicato dalla legge.  
Il Ministero della Salute e quello dell'Economia hanno istituito inoltre, con decreto del 24 giugno 2015, un Osservatorio nazionale del quale fanno parte esperti di legislazione, esperti di dipendenze, esperti di economia,  previsto dalla Legge di stabilità del 2015, per contrastare questa piaga nazionale al fine di monitorare l'efficacia delle azioni intraprese e la definizione di linee di azione sempre più efficaci.
L’Osservatorio si è insediato il 13 aprile 2016.

VISUALIZZAZIONE di PAOLA DEI

Dopo la sua relazione la d.ssa DEI ha voluto effettuare un'attivazione con i partecipanti, invitandoli a rilassarsi ed a seguirla in una visualizzazione guidata, ad occhi chiusi.
A luci spente i presenti, dopo un minuto di rilassamento del corpo, sono stati accompagnati ad immaginare di camminare in un lungo corridoio, che cambiava continuamente colore, dal rosso intenso, al verde, al viola scuro, sperimentando tutti i colori dei chakra. Alla fine del corridoio è stato chiesto loro di (immaginare di) scrivere una parola su un foglio e di portarla con sè, quando sarebbero tornati di nuovo in sala.
Ognuno poi ha condiviso la parola immaginata e tutte le parole sono state scritte sullo schermo e condivise.
Ecco il risultato.
 

LA TESTIMONIANZA DELLA SIG.RA MICHELA




Signora Michela, lei è qui oggi insieme a noi per raccontare la sua storia. La ringraziamo della sua disponibilità a dare testimonianza di un vissuto doloroso. La prego.
Ho preparato uno scritto che vorrei leggervi, perchè cosi è più facile per me.

Raccontare come sono arrivata a essere una giocatrice compulsiva non è facile, cercherò di farlo con parole semplici ma soprattutto con parole  sincere, sperando che la mia testimonianza possa aiutare qualcuno in questo difficile percorso.
La mia infanzia non è stata nè felice nè facile, piena di tanto dolore e di sofferenze, di violenze subite, che mi hanno accompagnata purtroppo lungo tutto l’arco della vita segnandomi profondamente. Forse sta li l’origine del mio malessere che poi mi ha portato a  credere ad un certo punto di riuscire con il gioco a vivere una vita diversa di benessere e felicità, sperare che qualcosa potesse cambiare anche per me ed avere quello che non avevo avuto serenità e disponibilità finanziarie, credere che questo potesse avvenire con un po’ di fortuna nel gioco, poi sono subentrate a rinforzare anche questa mia convinzione anche discrete vincite fortunate importanti, quindi pensare che si era facile quel sogno, bastava giocare e vincere, e poi credere che qualcuno guidava la mia fortuna, crederlo veramente, ma tutti sappiamo bene che non è cosi,  perdere tutto quello vinto e non solo,  continuare a giocare inseguendo quel pensiero, giocare sempre di più con un solo pensiero in testa, domani giocherò di nuovo e tutto cambierà, un vortice che ti prende e che poi non controlli più, perdi……giochi….. vinci e riperdi ancora di più e non pensi ad altro che tornare a giocare appena possibile, trovare i soldi per farlo, vendendo il tuo oro per avere i soldi, ma mai facendo debiti.  Arrivare ad essere una giocatrice compulsiva, dove solo il gioco diventa la tua ragione di vita.
Fino alla svolta in cui un giorno con consigli e aiuti di chi conosceva la mia storia, sono riuscita a capire che così non potevo continuare a buttare via soldi e la mia vita e ho cercato aiuto in qualcuno che potesse aiutarmi, mi sono informata tramite internet e sono arrivata al SERT dove inizialmente non è stato facile raccontarsi e accettare che io fossi una persona compulsiva malata, ma la preparazione di chi mi ha seguita è riuscita con gli incontri programmati a farmi iniziare a ragionare e credere in me stessa, il cammino non è stato facile ma la determinazione di vincere questa sfida mi ha aiutato ad andare avanti, iniziare a frequentare il gruppo dei giocatori anonimi a fatto il resto. Lì ho trovato altri giocatori che come me erano li per portare le loro testimonianze senza che nessuno giudicasse, sentire persone che portavano le loro storie di gioco, ascoltare le loro  sensazioni e testimonianze anche dolorose, poi seguire semplici regole, mi ha aiutato e mi sta aiutando tantissimo. È venuto poi il consiglio di entrare nel programma di Orthos, centro residenziale per giocatore patologico creato dal dottor Zerbetto e dal suo staff di psicoterapeuti e  dove nei giorni in cui sono stata ospite per tre settimane, ho trovato nel gruppo degli operatori persone umane e preparate che, attraverso i loro percorsi, hanno messo a nudo il mio trascorso di vita e il loro continuo farti pensare ancor di più, lavorare su me stessa ha rinforzato in me la determinazione di andare avanti per vincere la mia sfida.
Oggi a distanza di mesi continuo i miei incontri programmati al SERT, continuo settimanalmente a frequentare il gruppo dei giocatori anonimi, in cui anch’io porto la mia testimonianza, ho partecipato a tutte le verifiche del programma di Orthos, che mi ha arricchito ancora di tante altre cose , posso dire di essere soddisfatta di quello che adesso sono.
Continuo il mio percorso perché la sfida del gioco non è sconfitta, è sempre li pronta a ricacciarti indietro, ma io so che con la volontà e l’aiuto che ho avuto, posso riuscire a rinascere e a vincere questa sfida.
Come si sente ora che ha raccontato la sua storia?
Ero molto tesa e nervosa prima di cominciare, parlare in pubblico di questa mia esperienza mi mette agitazione.  Ma ora sono tranquilla.
Se può essere utile a chi ci ascolta ci dice come è iniziata la sua storia?
Tutto è iniziato con una grossa vincita al gratta e vinci. Ho vinto 10.000 euro. Ero tanto euforica che ho regalato 1000 euro al titolare che mi ha versato i soldi. Da allora ho continuato a giocare, un po’ vincevo e molto perdevo. Ma ogni volta ricominciavo col pensiero che le cosa sarebbero cambiate, che avrei avuto una vita diversa, che mi sarei permessa tante cose belle, quelle che per la mia infelice infanzia non potuto neanche sfiorare.
Ho vissuto questa esperienza tutta dentro di me senza mai coinvolgere la mia famiglia, senza mai sfogarmi con nessuno. Ho utilizzato solo le risorse che provenivano dal mio stipendio. Giocavo sempre, la mattina dopo essere uscita di casa passavo dal bar per giocare, la pausa mensa la utilizzavo per giocare, anche la sera portando a spasso il cane continuavo a giocare. Era l’unica cosa che mi dava soddisfazione, non pensavo ad altro.
E non ho detto mai niente ai miei familiari. Non li ho mai coinvolti né nelle vincite né nelle perdite.
Lei ha detto che non ha mai fatto debiti
Si non ho mai fatto debiti, ho speso tanti soldi, ma erano miei, erano il mio stipendio i miei ori, ma non sono andata oltre la mia disponibilità personale. Se non avevo soldi mi fermavo e aspettavo a giocare che potessi riaverne disponibilità.
Poi un giorno …che è successo?
Ma mi sono resa conto che non potevo andare avanti così, che dovevo fare qualcosa per farmi aiutare a cambiare qualcosa della mia vita. Con l’aiuto di persone a me vicine, che mi hanno spinto a cercare aiuto, ho iniziato a cercare e ho trovato il SERT.
È stato un percorso difficile, soprattutto considerarsi malata, una giocatrice compulsiva. Però mi ha aiutato molto ascoltare persone che avevano il mio stesso problema di gioco, con cui abbiamo scambiato le esperienze.
E dopo questo lungo percorso sono riuscita ad interrompere questa mania del gioco, e ho fatto ‘pulizia’ di me stessa. È stata una bella sensazione, ma non è facile uscire da questa mania. Bisogna impegnarsi continuamente e ogni giorno, altrimenti il pericolo di tornare indietro diventa reale. Infatti io sono ricaduta nel gioco. Una volta, ricordo ero in un bar, ed erano erano mesi che non giocavo, ho ricevuto una telefonata di una amico che mi chiede come sto e che sto facendo. Dico che sto facendo colazione e lui mi domanda se sono sicura di fare solo questo. Bè dopo la chiamata, non so perché, ho giocato 10 euro a gratta e vinci, vanificando mesi di lavoro e di pulizia di me stessa.
E come si è sentita dopo aver giocato di nuovo?
Ho provato rabbia, una rabbia sorda per aver vanificato tanto lavoro e per essere ricaduta in un’azione che ormai ritenevo appartenere al passato. Ed invece ho scoperto sulla mia pelle che devo essere sempre attenta e vigile per evitare ricadute. È un cammino lungo e difficile e non si affronta senza aiuto.
Per questo ora mi sono impegnata nel volontariato e nell’aiutare gli altri che sono caduti in questo gorgo ed avere una spalla su cui appoggiarsi.

FINALE

XX